Tra i campi e la città
Nell'antica città medievale e nei secoli a venire, fino all’avvento dell’industrializzazione e al dopoguerra, la vita campagnola di Anagni era molto estesa. I contadini anagnini abitavano dentro la città, situata su quello che viene definito il "Monte Ristretto": la mattina si usciva e si scendeva a valle, lavorando i campi dall'alba fino al tramonto.
Scrive a proposito della città sul finire dell'Ottocento Raffaele Ambrosi de Magistris nella sua Storia di Anagni:
“La popolazione agricola è quasi tutta agglomerata all’interno della città da dove parte di buon mattino per recarsi ai lavori campestri e dove ritorna spossata sul far della sera. E gli agricoltori anagnini, uomini e donne, ascendono a circa 6000, dei quali solo 1500 vivono sparsi per le campagne”.
Si coltivavano verdure, ortaggi, vite, ulivo, grano, e anche granturco. Tutto ciò, insieme agli allevamenti di pecore, mucche, maiali, dava un contributo importantissimo all'economia del paese e non solo: erano gli abitanti stessi che facevano in modo che questo territorio non patisse la fame. Chi lavorava i campi utilizzava attrezzi di ogni tipo tra cui le classiche zappe, gli immancabili forconi che venivano principalmente usati per prendere il fieno, oltre a tantissimi tipi di falci che servivano a tagliare o per meglio dire mietere i campi di grano. A volte i contadini, si scambiavano beni di equo valore o semplicemente vendevano e compravano viveri e oggetti come mobili, vestiti e altre suppellettili: molti di questi scambi avvenivano tramite cibo e animali.
Durante le ore di lavoro nei campi i contadini e le contadine, per sentire di meno la stanchezza, cantavano e ballavano canzoni popolari di quei tempi. Nel frattempo si prendevano una pausa per poi riprendere il lavoro. Vivevano in piccole case: una e/o due camere da letto, un cucinino, un tavolo, un camino dove poter cuocere o scaldare i pasti, il tutto illuminato dalle lanterne a olio insieme a qualche candela sparsa. Affianco alla casa, le fattorie, i recinti e le stalle con gli animali.
Fu a cavallo dei secoli Settecento e Ottocento che le abitazioni di chi si occupava della terra cominciarono a spostarsi all’esterno della città: i signori potevano farsi le case, invece i contadini ricevevano in affido la terra dalla Chiesa, la bonificavano, togliendo radici, scavando dei fossi per poi fare la vigna e magari costruire una piccola abitazione. Cominciarono ad uscire, quindi, fuori dalle mura, nonostante la malaria imperante nella vallata. Probabilmente fu Antonio Colacicchi a “guidare” per primo la fuoriuscita della popolazione verso l'occupazione abitativa della campagna.
Quindi, era questa la vita del contadino anagnino: dedita alla terra, scandita dalla luce del sole e dal ritmo delle stagioni.